giovedì 27 dicembre 2007

Asfalto - part 2

Sarah poggiò sul tavolino di legno del pub il suo boccale di Guinness. Si guardò attorno, il vociare era notevole, nel locale, ma in fin dei conti sopportabile. Due tavoli più giù, notò un ragazzo moro, riccio, che rideva con altri ragazzi del suo tavolo. I suoi occhi verdi brillarono di lussuria per un istante. Era attrazione al primo sguardo. Non le era mai successo. Eppure, le era già capitato sia a Dublino, che qui a Roma, dove si trovava da 3 mesi, di notare qualche ragazzo carino. Ma non le era mai venuto l'istinto di alzarsi e farsi prendere lì, nel pub, davanti a tutti. Distolse lo sguardo, e lo rivolse al suo tavolo. Le sue coinquiline ridevano. Ma non a causa sua, nessuna di loro infatti aveva notato la sua occhiata verso il misterioso moro. Ridacchiavano per qualche sciocchezza, come al solito quando si è arrivati alla terza pinta della birra irlandese più famosa al mondo. Mentre osservava la conversazione, la coda dell'occhio notò che il moro si era alzato dalla sedia, aveva preso il suo boccale, ne aveva attinto un sorso, come per farsi forza, e si avviava verso la toilette. A Sarah, in quel momento balenò uno strano pensiero nella testa obnubilata da una discreta quantità di alcool. Si alzò, e disse in inglese alle sue amiche che andava a pisciare. Si voltò, e la gonna a falde frusciò, ma nessuno la udì, dato il chiasso che regnava nel locale. Era una gonna di lana pesante, arrivava a metà coscia, dove regnavano due calze scure autoreggenti. Il rumore dei tacchi sul legno del parquet vecchio e polveroso del pub era una vibrazione che veniva avvertita solo dai più prossimi alla traiettoria che seguì l'irlandese dai capelli rossi. Entrò nel bagno. Tuttavia, anziché dirigersi verso la metà riservata alle signore, scorse dalla porta socchiusa il moro che si stava abbottonando la patta dei suoi Levi's 501 azzurro chiaro.

Andrea non si accorse nemmeno di quella nuvola rossa che volò verso di lui. Alzò lo sguardo, con la cintura ancora slacciata, e vide due occhi verde brillante che lo fissavano. Fu questione di millisecondi. La bocca rosata della sconosciuta, contornata di lievi lentiggini invisibili alla media distanza, si serrò sulla sua quasi togliendogli il fiato. Aveva ancora gli occhi aperti, e nella sorpresa di quegli istanti vide la mano lunga e sensuale di quell'angelo allungarsi verso la patta semiaperta. Si sentì tastare la sala giochi, e di risposta questa si mise subito sull'attenti, promettendogli un jackpot che neanche al superenalotto. Le due lingue lottavano, si contorcevano, ed udì la sconosciuta emettere un mugolio di piacere. Andrea, eccitato a sua volta, poggiò la sua mano sinistra sulla natica della sconosciuta. Lievemente ne percorse la rotondità, nuda ed incosciente, ma non fredda. Percepì un sottile filo di seta proprio nel centro, e questo amplificò i suoi sensi. Era a mille. Si staccò a forza dalla bocca di lei, per ammirarle il petto appena scoperto all'altezza del seno, a causa di una camicetta palesemente troppo stretta per contenere un seno non prorompente, ma comunque invitante. Aveva quasi il fiatone. Lei non resistette più di due secondi, e mentre sentiva inumidirsi il tanga, liberò la virilità di Andrea da una costrizione firmata Calvin Klein. Andrea la voltò contro la parete del bagno ed entrò in lei. Con una mano le palpava il seno, con l'altra le tratteneva i capelli delicatamente, quasi tirandola, ma non facendole del male. Sarah aveva la testa tirata all'indietro, gli occhi chiusi ed uggiolava ad ogni spinta del moro alle sue spalle. Vennero insieme, e questo provocò in lei un secondo orgasmo. Si respirarono addosso per qualche secondo, finché Andrea non si rivestì, lentamente, ed uscì dal bagno. Sarah era ancora sconvolta, e il piacere indugiava fra i suoi neuroni impazziti. Era un bel pezzo che non si sentiva in questo modo. Si ricoprì, ed uscì barcollando dal bagno. Si sedette al tavolo, dove le sue amiche, prese dalla conversazione, non si accorsero della sua aria stralunata. Guardò verso il tavolo del moro, e vide che lui la stava osservando, senza parlare. Aveva un sorriso compiaciuto di se stesso, e lei si passò la lingua sulle labbra, come a volergli rappresentare il suo gradimento.

Andrea chiuse il pugno e con l'indice ed il medio tesi, fece alla ragazza il tipico gesto di chi chiede "Andiamo a fumare?". Vide che la rossa si alzava e toglieva il suo cappotto dallo schienale della sedia. Lasciò 15 euro sul tavolo e salutò i suoi amici, ignari di quello che era successo appena cinque minuti prima. Si diresse a passo svelto verso l'uscita, non voltandosi per vedere se la rossa dagli occhi smeraldo lo stesse seguendo. Uscì dal pub e lo accolse una pioggerellina leggera ma fastidiosa. Trovò riparo sotto un balcone, sfilò dal suo giubbotto un pacchetto di Lucky Strike e un accendino. Una nuvoletta di fumo abbandonò la sua bocca, ed indifferentemente si perse nello smog di Roma. Sarah uscì in quel momento nel vicolo, cercando con lo sguardo il moro che un attimo prima le aveva fatto toccare il paradiso. Lo trovò, e si avvicinò a lui, che già stava tirando da una sigaretta. Arrossì impercettibilmente.

"Ciao"

"Ciao... Sono Andrea".

"My name... mh... Scusa, mi chiamo Sarah".

"Sei inglese?" chiese Andrea.

"No, sono irlandese" rispose "ma mio padre è italiano".

"Oh, scusa per la gaffe. Beh, che fai qui a Roma?" chiese Andrea ridendo nervosamente.

"Studio ingegneria, sto facendo l'Erasmus".

"Fico, io faccio Giurisprudenza. Quant'è che sei qui?"

"Tre mesi. Ehi, senti, di solito non mi comporto così, come è successo nel pub. È scattato qualcosa nella mia testa. Ma penso non ti sia dispiaciuto..." sogghignò Sarah, appena pronunciate queste ultime parole.

"Decisamente no." ridacchiò maliziosamente Andrea. La scrutò ancora una volta. Era stupenda, la più bella con cui gli fosse mai capitato di farlo, e lei si stava mordicchiando il labbro inferiore. Andrea pensò che ne voleva ancora, ma non voleva fare l'impaziente. Aveva condotto lei le danze poco prima, era giusto aspettare una sua mossa.

"Stai andando a casa? Ho visto che hai salutato la gente che era con te al tavolo" chiese Sarah.

Andrea annuì. "Domani vorrei studiare..." Appena terminò la frase si sentì un idiota.

"Ah, so.... , scusa. Volevo dire: quindi, ci salutiamo".

"Tu che fai? Resti qui ancora un po'?".

"No, volevo andare a casa, I'm half-drunk.... come dite voi italiani?"

"Ubriaca?" Andrea capì quell'esplosione di lussuria di pochi minuti prima.

"No, non ubriaca, poco meno. How do you say?"

"Brilla".

"Yes, quello". L'inglese stava prendendo il sopravvento nel centro cerebrale che governava l'espressione vocale di Sarah, aiutato dall'alcool.

"Beh, allora ti riaccompagno, ho la macchina qui dietro".

"Grazie, ma abito alla prossima traversa. Ti va?".

"Certo. Andiamo."

Percorsero Via del Colosseo, dove si trovava il pub, ed arrivati su via Cavour, la attraversarono ed imboccarono la prima traversa alla loro sinistra. Lungo il tragitto, chiacchiere di circostanza.

Arrivarono di fronte ad un enorme portone in legno, che proteggeva un signorile edificio di quattro piani. Sarah abitava all'ultimo piano, in un magnifico appartamento che il suo potere d'acquisto le permetteva di condividere facilmente con le sue tre amiche che erano rimaste al pub.

Sarah aprì il portone, e le bastò uno sguardo per chiedere ad Andrea di seguirla lassù. Avrebbero passato due ore di fuoco.

2 commenti:

Spiridion ha detto...

Questo mi è piaciuto un bel pò!

"Si sentì tastare la sala giochi, e di risposta questa si mise subito sull'attenti, promettendogli un jackpot che neanche al superenalotto"

Bella frasetta!

Anonimo ha detto...

ehm. Il popolo chiede altri racconti erotici. :|
La roscetta in autoreggenti :sbav: