giovedì 27 dicembre 2007

Asfalto - part 1

Uscirono da quel portone che molte volte avevano varcato. Li accolse la pioggia e un venticello umido che li fece chiudere a riccio, in cerca di un calore che non sarebbe arrivato mai. Percorsero a piedi alcune decine di metri. Era silenziosa quella notte. Prestando l'orecchio, si poteva udire l'acqua cadere sull'asfalto sconnesso di Piazza Bologna e sulle lamiere delle auto parcheggiate. Gigi si perquisì, e trovò le chiavi della sua auto. Premette un tasto, e l'auto sembrò felice di vederli: accese tutte le frecce all'unisono per un secondo, segnale che l'antifurto era scattato, e le portiere erano aperte. Danilo salì subito, al posto del passeggero. Gigi indugiò, come al solito, togliendosi la giacca ed appoggiandola sul sedile posteriore. Preferiva guidare libero da quel giogo in stoffa, che quasi lo immobilizzava e non gli permetteva movimenti naturali sul volante. D'altronde, la sua corporatura era una contraddizione della fisica. In molte auto non entrava, per via della sua mole. Invece, nella sua Ford, si sentiva abbastanza a suo agio. Comodo quel tanto che basta per inserire bene le marce, ma per mettere la prima e la seconda doveva spostare il ginocchio destro, altrimenti il suo veicolo avrebbe borbottato scontento, passando dalla prima alla quarta.

Erano stanchi, ma abbastanza rilassati. Quella sera erano da Fabrizio, e con loro c'erano Matteo, un ragazzone grande e grosso, di passaggio a Roma per le imminenti feste natalizie. L'ultima volta che l'avevano visto era un caldo pomeriggio di settembre, uno di quei pomeriggi che ti promettono tutto, e anche se non ti danno niente, sei contento lo stesso, perché il sole bacia quel poco di abbronzatura che ti è rimasta dalle vacanze estive, e ti irradia di calore, alimentando quel pizzico di buonumore che hai dentro. Quella sera Matteo sarebbe partito per Granada, per farsi un anno di corsi, come studente Erasmus. Gigi, quel pomeriggio di settembre provò invidia. Lui era tornato un anno prima da Valencia, aveva già avuto la sua occasione, ma era stato così bene che sarebbe ripartito mille volte, e forse, in cuor suo, sperava di non tornare mai. Valencia per lui era quella distesa di corpi celesti che separano la Terra da un altro pianeta immaginario lontano anni luce, quella distanza che separa i problemi, la vita vera, da un mondo fantastico, surreale, quasi fiabesco. Quando era tornato, era stato travolto dagli eventi che si era lasciato alle spalle, che non aveva ignorato, ma che per forza di cose, percepiva lontani ed innocui.

Quella sera insomma, era sgocciolata fra racconti delle avventure di Matteo, qualche birretta da discount, e le solite carte da gioco, da qualche tempo compagne di molte notti. Quando giunse l'ora di congedarsi, Gigi e Danilo salutarono calorosamente Matteo, non sapendo bene quando l'avrebbero rivisto, se il giorno seguente o a gennaio, quando sarebbe ripassato da Roma. E' maledetto quel periodo per uno studente universitario. Gli esami lo circondano, come la SWAT con un rapinatore di banche che si arrende capendo di non avere scampo nei film americani.

Gigi girò la chiave, attese che tutte le spie del quadro si spensero, ed avviò il motore turbodiesel. Il suono che veniva dal cofano era profondo e robotico. Quasi un sibilo. Innestò la retromarcia ed uscì dal fortunoso parcheggio rimediato qualche ora prima. Raggiunse Viale delle Provincie e lo percorse, fino all'omonimo Piazzale. Erano circa le tre del mattino. Si fermò di fronte al solito bar, rifugio della notte dei ragazzi che tornano a casa dopo una serata di svago. Danilo scese e fece la solita provvista di cornetti. Gigi ne prese quattro, uno da consumare immediatamente e tre per il giorno dopo, anche per la madre e la sorella, che avrebbero gradito quella sorpresa glucidica farcita alla crema. Presero la prima traversa a destra, via Catania, e la percorsero nella sua interezza. Chiacchieravano del più e del meno, col mento sporco di nutella. Parlavano prevalentemente del fantacalcio: quella sera Totti aveva segnato una doppietta, e questo, regalò i tre punti alla Roma, squadra per cui Gigi diventava una specie di ameba, per quanto l'amava, e per cui Danilo simpatizzava, per quanto il suo cuore fosse diviso tra il Catania, squadra della città dove trascorse l'infanzia, e la squadra giallorossa. I due, grazie al fantasista romano avevano posto una seria ipoteca sulla vittoria della partita di fantacalcio di quel turno. Totti infatti faceva parte della rosa con la quale Danilo e Gigi, D&G, stavano dominando la loro lega. Nonostante l'infortunio del capitano della Roma, per cui Gigi aveva speso una follia sul mercato, erano riusciti a mantenere la vetta, grazie agli altri giocatori della loro rosa, in particolare a Cruz, attaccante argentino dell'Inter, che fu la sorpresa di quell'inizio di stagione.

Intanto, arrivati a Piazza Indipendenza e dopo averne percorso la semicirconferenza, si diressero verso Piazza della Repubblica per imboccare via Cavour, poco più in là. Avevano un'andatura lenta, consona al fondo stradale umido e alla concentrazione di Gigi, diviso tra il governo della Ford grigio metallizzato e la conversazione con Danilo.


2 commenti:

Spiridion ha detto...

Dajè Gigio!

ps. "pomeriggi che ti promettono tutto, e anche se non ti danno niente, sei contento lo stesso" carina sta frase!

pps. El Giardinero è sempre il Giardinero..non c'è niente da fare!

Unknown ha detto...

Grazie dell'incoraggiamento.
Lieto che ti sia piaciuta quella frase; speravo avessi gradito anche "quella sorpresa glucidica farcita alla crema.".

el Jardinero mi sta salvando le chiappe spesso e volentieri.